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Rc Professionale, Ritiro Patente e Tutela legale per la protezione della tua professione

Rc Professionale, Ritiro Patente e Tutela legale per la protezione della tua professione

Fari accesi sugli enologi anche quando si tratta di far varcare i confini nazionali al “nettare degli dei” made in Italy. Qui le problematiche da affrontare si infittiscono, con attenzione particolare alle normative dei paesi riceventi, dove, si sa, si realizza gran parte del fatturato delle nostre aziende. Bisogna garantire la trasparenza del marchio, della provenienza, l’applicazione degli standard qualitativi che tutelino contemporaneamente gli operatori delle filiere Dop e i consumatori.

Ma perché ogni cosa venga gestita con la massima professionalità e la giusta dose di quiete, l’enologo, così sotto i riflettori, deve muoversi a sua volta tutelato.
Qui entra in gioco l’assicurazione.

Di seguito vengono riportati l’articolo e il testo di Anna Fasoli pubblicati su L’Enologo del mese di aprile 2013

Se enologia fa rima con innovazione

Spesso l’innovazione è partita dalle cantine. Un caso esemplare lo hanno offerto gli anni Ottanta, quando il settore vitivinicolo è divenuto oggetto di studio e imitazione, per la capacità di risollevarsi dalla crisi causata dallo scandalo del metanolo. Ma in fondo così è stato sempre, perché dentro al processo stesso di vinificazione, quell’arte della trasformazione – trasformazione dell’uva in vino-, alchimia dei sapienti.

L’innovazione dunque. Tradotta in concreto, questo ha significato una maggiore concentrato di importanza sulla figura dell’enologo. Oggi l’enologo si trova coinvolto nel percorso per rendere realtà anche le strategie di ripensamento sulla qualità del prodotto, per il rilancio d’immagine di un’etichetta, di fatto supportando le scelte in ambito comunicativo da un lato, le politiche di export dall’altro.

In una manciata di anni, insomma, alla bontà del prodotto si è andato progressivamente affiancando un valore immateriale del marchio, del vino, evidenziando il potere della storia, dei cambiamenti, in una parola: la forza di racconto. Grazie a questo, le cantine nostrane non solo sono tornate ad essere competitive, ma si sono imposte tra le firme più prestigiosa del panorama globale.

Nella cabina di regia

Dunque motore propulsore di questo meccanismo, vero regista, spesso silenzioso, amante della riservatezza, meno delle luci della ribalta, è l’enologo, figura professionale di elevata competenza, capace di mixare artigianalità e guizzi creativi.

L’enologo viene chiamato sempre più oggi a essere parte del restyling del prodotto. Sta accadendo in questi giorni, per esempio, con il Chianti classico di cui, a metà febbraio, è stato presentato un nuovo look, accompagnato da scelte che hanno privilegiato la valorizzazione della tipologia “riserva” e l’introduzione di nuove regole per la commercializzazione del vino allo stato sfuso.

Fari accesi sugli enologi anche quando si tratta di far varcare i confini nazionali al “nettare degli dei” made in Italy.  Qui le problematiche da affrontare si infittiscono, con attenzione particolare alle normative dei paesi riceventi, dove, si sa, si realizza gran parte del fatturato delle nostre aziende. Bisogna garantire la trasparenza del marchio, della provenienza, l’applicazione degli standard qualitativi che tutelino contemporaneamente gli operatori delle filiere Dop e i consumatori.

Di fronte alla complessità delle norme comunitarie, che – lo ricordiamo – ammettono la protezione (all’interno dei confini Ue) dei nomi dei vini che contengano un riferimento geografico  ma non i nomi dei vitigni, oltre a un elenco di termini tradizionali, cioè storicamente utilizzati nell’etichettatura dei vini e che rientrano in un allegato ai regolamenti comunitari, ecco che il ruolo di garanzia di operato dell’enologo diventa per ciò stesso marchio di trasparenza e qualità quantomeno agli occhi del consumatore. Un consumatore, va detto, che negli anni si è fatto più attento, battagliero, consapevole di avere diritto a ottenere ciò che chiede e per cui paga.

E ancora: che dire del ruolo dell’enologo in quel mercato di nicchia del biologico, che di nicchia solo non è più, se cresce, come dicono gli ultimi dati, oltre il 7% anche in un’Italia stretta tra reali difficoltà legate alla crisi e un tasso di fiducia in caduta esponenziale?

Più tutela per la professionalità

Insomma il materiale davvero non manca. Ma perché ogni cosa venga gestita con la massima professionalità e la giusta dose di quiete, l’enologo, così sotto i riflettori, deve muoversi a sua volta tutelato.

Qui entra in gioco l’assicurazione, qui si inserisce il perché di una tutela professionale che il legislatore, già a fine 2011, aveva sancito per legge come obbligatoria per le professioni regolamentate, stabilendo che entrasse in vigore de iure ad agosto dello scorso anno, per poi posticipare l’efficacia della normativa cogente all’agosto 2013. Professioni regolamentate, dice la legge. E questo perché si intuiva già sulla carta la bagarre operativa, quella che di fatto ha imposto di concedere un altro anno agli ordini e albi per organizzarsi.

Che tuttavia questa forma di tutela sia auspicabile, persino connaturata alla logica stessa della professionalità, (dunque anche di quelle professioni non regolamentate al cui interno rientrano gli enologi), il legislatore lo ha ribadito indirettamente di recente, con il Ddl 3270 del 19.12.2012, dedicato a indicare delle linee guida per le professioni non regolamentate. Tra queste norme si legge  l’accento posto sull’importanza delle garanzie offerte al cliente e sul  ruolo delle associazioni professionali come bussole per monitorare e certificare l’elevato livello di qualità.

Allora torniamo alle prime battute, a quell’immagine di grande capacità innovativa nata dall’abilità di cantine ed enologi di uscire dall’impasse degli anni Ottanta, usando un evento critico come trampolino di lancio per crescere, innovare, migliorare.

Ebbene sono persuasa che questa stessa coraggiosa operosità la possano mettere in atto gli enologi, dando l’esempio, costituendo, una volta ancora, caso di studio e di scuola.

In che modo? Scegliendo di sottoscrivere una polizza RC Professionale, scegliendo cioè di proteggere quel quid inestimabile che è la competenza acquisita studiando, certo, ma soprattutto sul campo.

Verso il meglio

Allora come si sta delineando in maniera sempre più chiara nelle analisi di settore che vedono l’agroalimentare come la voce più forte per uscire dalla crisi (in controtendenza, insieme al settore del lusso, rispetto a tutti gli altri comparti), la firma dell’Italia oggi nel mondo passa attraverso l’eccellenza di cibo e vino. Perché questo trend continui, risulta necessario “blindare” anche la professionalità (che vuol dire reputazione anche, che vuol dire tutela dai danni d’immagine) di chi in questi settori lavora.

Sia dunque, questo di stipulare una garanzia per la RC professionale, un diritto prima ancora che (divenga) un dovere esplicitato espressamente dal legislatore.

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