Polizza RC Professionale: un air bag
Il vino è un marchio di stile, davvero una “firma” italiana con un peso e un rilievo anche all’estero. E l’enologo è un po’ lo stilista del vino. Unisce tecnica e creatività. Ogni suo gesto ha dietro un pensiero e un’inventiva, che determinerà l’orientamento (e la rinomanza anche) dell’azienda vitivinicola per cui lavora.
Sono molti i gesti che compie. Infinite le attenzioni, le calibrazioni.
Così l’enologo professionista determina il grado di acidità di un vino, che verrà imbottigliato e venduto, arrivando in Russia o nell’Europa dell’Est.
A lui spetta controllare che non vi sia un eccesso di lievito nel processo di fermentazione o che l’intensità di colore di un Lambrusco rispetti le normative di legge. Che le atmosfere siano quelle previste.
Il gusto certo. Il profumo, il sapore, la corposità. Sono questi gli “strumenti” sottili del suo bagaglio professionale. Ma perché si esprimano, ci sono gesti. Tecnica.
Ebbene, se in uno dei molteplici gesti che compie, l’enologo commette un errore, ecco che ne va della sua reputazione, cero, ma anche di quella di coloro che a lui si sono affidati.
E c’è un nemico da sconfiggere, per il professionista, il peggiore dei nemici: la paura.
La paura fa perdere sicurezza. Soprattutto dove deve lavorare l’immaginazione, insieme alla competenza.
La paura rende incerti, amplifica l’occasione di errore.
Obbligo e gesto di professionalità
Ecco perché insisto a dire che sottoscrivere una polizza RC professionale è un gesto di responsabilità da parte del professionista.
Un obbligo di legge, certo, dopo il dl 138, ma un atto dovuto, a sé e agli altri.
In quest’ottica, naturalmente, la polizza RC professionale non diventa un alibi per essere meno attenti.
Al contrario, leggiamola come una prova di responsabilità da parte del professionista.
Qui si inserisce il ruolo cruciale di noi assicuratori, qui si apre il terreno per mettere davvero in gioco (a nostra volta) la professionalità di cui siamo capaci.
Illustriamo, spieghiamo, diamo tutte le informazioni necessarie.
Non stanchiamoci mai di delucidare, fosse pure per ripetere una volta in più, logica, obiettivi, risvolti concreti della polizza che offriamo. Ritagliamola su misura per la persona che abbiamo di fronte. Caliamoci nei suoi passi per valutare quali e quanti rischi possano derivare dalle mansioni ricoperte. Dove sia più opportuno intervenire, dove invece sia meno pregnante.
Attraverso quel foglio che contiene la tutela, attraverso quel contratto che stipuliamo, creiamo insomma un vero contatto.
I contatti generano cultura.
Una cultura condivisa.
Solo così potremo confidare nel fatto che gli anni di arrembaggio assicurativo siano finiti, o stiano per tramontare. Solo così può affermarsi una cultura del fare assicurazione, che non significhi rovesciare sulle compagnie problemi che non si è stati in grado di risolvere altrove.
Sta a noi diffondere una cultura assicurativa, non delega dei propri eventuali errori, ma ammortizzatore dell’urto.
Una sorta di air bag: non cancella l’incidente, ma lo rende meno pervasivo.
(Estratto dell'Intervento di Anna Fasoli al Congresso svoltosi a Pachino il 20 aprile 2012)