Per crescere? Meglio associarsi
È un’idea che ha radici antichissime nella storia, ma che per qualche tempo, in alcuni settori, si è affievolita a favore dell’individualismo. Oggi la tendenza è opposta. Un orientamento che si è affermata dapprima con discrezione, a macchia e ora invece emerge con la forza straordinaria che hanno tutte le idee molto utili e concrete: “associarsi è meglio”.
È meglio nelle professioni che richiedono conoscenze sul campo (enologi, florovivaisti, agronomi), è meglio là dove bisogna far conto sulle proprie forze e imparare a confrontarsi anche con le bizze di natura.
È meglio perché uniti l’immagine, anche sociale, imprenditoriale, di categoria, cresce e si fa riconoscibile. È meglio in tempi di crisi e in tempi di lusso. Perché le voci unite fanno coro e sanno farsi ascoltare meglio. Lo ha capito bene anche il legislatore che ha appena licenziato un testo sulle c.d. professioni non regolamentate, Il Ddl 3270 del 19.12.2012, dove viene con estrema chiarezza rilanciato il ruolo cardine e sottolineata l’importanza delle associazioni di categoria come perno attorno a cui far ruotare la crescita e la affidabilità di chi vi aderisce. Secondo quanto stabilito nella normativa, insomma, le associazioni divengono il nodo fondamentale del sistema, candidandosi ad essere gli organismi privilegiati di tutela nei confronti dell’utenza e referenti per i professionisti. Le associazioni promuovono la formazione permanente degli iscritti, adottano un codice di condotta, definiscono le sanzioni disciplinari per le violazioni del medesimo codice e promuovono forme di garanzia per l'utente.
Il loro scopo è valorizzare le competenze degli associati, diffondere il rispetto della deontologia professionale e consentire una migliore possibilità di scelta agli utenti.