Meta(fisica) assicurativa
Anche in piena crisi funzioniamo e possiamo farlo. Noi, agenti, intermediari che cuciamo le esigenze del famoso “uomo della strada” con le grandi strategie dei palazzi di vetro. Noi che sappiamo bene e sempre meglio (grazie anche ai viaggi studio Uea) come le idee elevate e le programmazioni sofisticate abbiano valore solo se impattano positivamente sui bisogni dei clienti. Se si dimostrano utili, dunque, nel senso più pieno dell’aggettivo, dunque idonei ad essere adoperati.
Pubblichiamo l’articolo di Anna Fasoli inviato a tutti i soci UEA tramite newsletter di ottobre 2013
Di aspettative, si sa, noi assicuratori, ci nutriamo come pane quotidiano. Declinate in calcolo dei rischi, cifre, dati, percentuali, coefficienti alfa numerici e…mani nei capelli, le nostre giornate trascorrono forti di una concretezza, scelta e imposta, che intreccia abilità a duro lavoro.
Ma sempre, sull’algebra, sui bilanci, si ritorna.
Fa eccezione a questo tour de force quel fazzoletto creativo di giorni che Uea ci regala ogni anno in occasione del viaggio di studi. E fa eccezione perché, per il tempo rapido e intensissimo di questa immersione assicurativa a 360°, tocchiamo con mano, e occhi, e aspettative appunto, una declinazione di possibilità diverse, angoli visuali difformi e visioni futuristiche. Insomma viene sintetizzato, in concetti astratti, pregnanti, summae elevate e prodigiose, quello scenario che siamo abituati a conoscere: quello del nostro mestiere.
Lo scorso anno, Londra e i Lloyd’s. Ora è la volta di Monaco, con un doppio appuntamento d’eccezione: la realtà di Allianz e quella del colosso delle riassicurazioni Munich Re.
Insomma si parte davvero.
Check-in
Il bagaglio che ci portiamo appresso dall’Italia non è dei più leggeri. Il “verdetto” della Comunità Europea di fine settembre è esplicito quanto impietoso: rispetto all’anno scorso il Belpaese non ha fatto alcun progresso nella competitività industriale.
Un dato che sconta l’instabilità politica, la mancanza di una direzione sulle riforme e sugli interventi fiscali e che finisce, inevitabilmente, a pesare sulle scelte di chi investe in sicurezza, protezione, insomma nel futuro.
Fermarsi a queste valutazioni sarebbe tuttavia fuorviante, rischierebbe di non farci nemmeno partire. Se seguiamo, invece, come bussola l’intrigante quanto furba teoria espressa dal filosofo francese Jean-Paul Fitoussi, nel bel libro appena uscito con il titolo Il teorema del lampione [fusion_builder_container hundred_percent=”yes” overflow=”visible”][fusion_builder_row][fusion_builder_column type=”1_1″ background_position=”left top” background_color=”” border_size=”” border_color=”” border_style=”solid” spacing=”yes” background_image=”” background_repeat=”no-repeat” padding=”” margin_top=”0px” margin_bottom=”0px” class=”” id=”” animation_type=”” animation_speed=”0.3″ animation_direction=”left” hide_on_mobile=”no” center_content=”no” min_height=”none”][1], ecco che il viaggio lo facciamo eccome e partiamo certi di tornare più forti.
Più forti perché?
Per le maggiori conoscenze acquisite – e non c’è dubbio che tanto Allianz quanto Munich Re sapranno stupirci-, ma anche perché, se, come scrive Fitoussi, “l’economia è una disciplina intellettuale che definisce un modo di comprendere la realtà sociale” [2], questo viaggio ci aiuterà a indagare il giusto punto di analisi della realtà. Che non può più essere quello che è stato finora.
Anche in piena crisi funzioniamo e possiamo farlo. Noi, agenti, intermediari che cuciamo le esigenze del famoso “uomo della strada” con le grandi strategie dei palazzi di vetro. Noi che sappiamo bene e sempre meglio (grazie anche ai viaggi studio Uea) come le idee elevate e le programmazioni sofisticate abbiano valore solo se impattano positivamente sui bisogni dei clienti. Se si dimostrano utili, dunque, nel senso più pieno dell’aggettivo, dunque idonei ad essere adoperati.
Ben vengano allora tutti i protocolli informatici, le dotazioni di alta tecnologia (si “vocifera” – e sperimenteremo se corrisponde al vero- che Allianz sia all’avanguardia assoluta in questo con agenti e agenzie), le procedure codificate, monitorate. Si faccia largo ad una formazione e ad un controllo costante tra agenti e casa madre.
Ma tutto questo se e in quanto agevoli l’espressione reale del quid assicurativo che non è omologabile, serializzabile, che non può essere unificato.
Ciascuno degli agenti, per essere tale, deve mantenere uno spazio di movimento decisionale, di personalizzazione e adeguamento degli strumenti alla realtà concreta in cui opera.
Così e solo così, anche in piena crisi, possiamo funzionare.
A luglio scorso, la ricerca della società Prometeia su “Mercato assicurativo e performance dei principali operatori”, sottolineava che “per l’intero mercato assicurativo, nel 2012 la raccolta complessiva, comprensiva delle imprese Ue, si è contratta rispetto al 2011, con performance negative sia del comparto vita che danni, ma nel primo trimestre del 2013 si è assistito a una inversione di tendenza grazie alla crescita del comparto vita in grado di compensare la flessione della raccolta danni […]. Per il prossimo biennio dovrebbe proseguire il trend positivo della raccolta anche se a ritmi in fisiologico rallentamento, con una maggior vivacità delle polizze unit rispetto ai prodotti tradizionali. Per il settore danni, il condizionamento del comparto auto sarà evidente non solo per il 2013 ma anche per il biennio successivo. L’anno in corso sarà certamente contrassegnato da una contrazione della raccolta auto, sia Rca che Cvt, associata a una sostanziale stazionarietà sul fronte non auto. Dall’anno prossimo, invece, a fronte di una ripresa molto modesta per i rami elementari, la dinamica del settore auto, in particolare dell’Rca, dipenderà dalle politiche di prezzo mediamente praticate dagli operatori, a loro volta conseguenti all’andamento tecnico del business.” [3]
Vale a dire che la domanda bisognerà saperla gestire, indirizzare. Bisognerà insomma attivare la nostra capacità di ascolto, e di ricerca. Soprattutto quella di cercare nel posto giusto.
La storiella del lampione
Già ma dove?
Mi spiego subito e lo faccio citando la famosa storiella del lampione. Si tramanda da generazioni più o meno immutata e racconta così. In una strada deserta, di notte, c’è un ubriaco sotto un lampione, chino, intento ad una strenua ricerca nell’alone illuminato descritto a terra dalla luce.
Lo avvicina un passante e gli domanda che cosa abbia perduto.
-Le chiavi-, risponde l’ubriaco.
-E le ha smarrite proprio qui?-insiste il passante.
-Ma no-, gli fa eco l’altro,- però è il solo posto illuminato di tutta la strada.
Morale: cerchiamo dove c’è luce.
Ma spesso cerchiamo…nel posto sbagliato.
Allora, tornando all’economia, alle assicurazioni, al ponte in bilico tra passato e futuro, come possiamo evitare di concentrarci solo sotto il fascio di luce e addentrarci invece nei territori giusti per trovare quanto cerchiamo noi, che di riflesso è quanto si attende il cliente?
Come possiamo muovere da procedure unificate e strumenti comuni per intersecare con più profondità e acume le esigenze del mondo che ci circonda, quel piccolo, grande mondo quotidiano fatto di gente, con un nome, un cognome, un’età, una storia, qualche paura (atavica o reale)?
Come restare insomma nella fisica, senza cedere al sinuoso richiamo della “metafisica”, quel “tessere assicurazioni” a livello talmente alto e perfetto, in fondo, da smaterializzarle?
Il rischio con i clienti c’è. Il rischio di parlare un linguaggio troppo complesso, o quello di dare troppe informazioni non filtrate da un dialogo aderente al loro mondo concreto.
Il rischio dell’eccesso di promesse si materializza con sempre maggiore frequenza in una società che avverte la propria fragilità, che si è sentita ingannata da troppi paradigmi di crescita, benessere, ricchezza.
Lo dico, a voce alta, ed è un piccolo ammonimento che vale anche per me, in attesa di questo viaggio. Vorrò farmi rapire dal potere delle grandi capacità, dalle organizzazioni efficientissime, dai giochi di prestigio di chi sa gestire attese e storia, futuro e un passato blasonato. Terrò però, per il ritorno, il pragmatismo che Fitoussi sbatte in faccia ai lettori nelle sue conclusioni. Ed è, in fondo, tra le righe, una specie di vecchia ricetta della nonna. Ovvero: impariamo dalle mancanze. Che a questo serve l’esperienza e il confronto, a comprendere che, certe volte, comportamenti meccanici e abitudini lavorative (che ci accompagnano come dogmi religiosi) sono inadatti a parlare e rispondere al mondo attuale in cui viviamo.
Per caso qualcuno ha visto…
Allora certo, sì, partiamo, attratti dalla forza trascinante, irresistibile, del confronto, della sete di conoscenza dell’esperienza altrui. Persino dal sottile piacere, un po’ masochista, di apprendere che certi nostri modi di agire lavorativi sono ormai inadeguati, automatici. Inutile negarlo. Le stanze dei bottoni hanno un grande fascino.
Possiedono sempre grandi pareti di vetro e calamitano lo sguardo così in alto che si perde la voglia del contatto con… le carte, i sinistri, i liquidatori, lo squillo dei telefoni, le ferie delle impiegate, gli studi di settore del commercialista, la polizza in scadenza, la firma mancante, le nevrosi quotidiane.
A proposito… qualcuno ha visto le mie chiavi?
Anna Fasoli
socio UEA
[1] Jean-Paul Fitoussi, Il teorema del lampione. O come mettere fine alla sofferenza sociale, Einaudi, 2013.
[2] Cit., p. 18.
[3] http://www.prometeia.it/it/ricerca/intermediari-finanziari/mercato-assicurativo-e-performance-dei-principali-operatori/edizione-luglio-2013.aspx?idC=64129&LN=it-IT
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