Il fattore emotivo come misura del (futuro) della crisi
Il parere di Anna Fasoli
Non sappiamo ancora esattamente che cosa aspettarci dal rapporto annuale 2013 sulla situazione del Paese secondo l’Istat che verrà presentato alla stampa mercoledì 22 maggio.
L’attenzione però, è stato anticipato da una nota stampa, accanto al quadro economico e sociale dell'Italia, si accentrerà sugli effetti che la crisi ha prodotto tanto sulle imprese e quanto sul capitale umano, con attenzione allo stato d’animo dei cittadini, alle reazioni, anche emotive, che si sono scatenate in loro.
In noi, insomma. Ed è questo un elemento profondamente importante, che colpisce. E colpisce poiché è ormai evidente che l’andamento globale di un’economa risente in maniera enorme di quella che è la propensione emozionale dei propri cittadini. Ritorna, così, tra le righe, un tema a me molto caro, che riguarda la fiducia come voce di bilancio.
A livello statale, in maniera massima, ma altrettanto nei nostri “piccoli universi” quotidiani, anche lavorativi, dobbiamo comprendere l’importanza di valutare quanto lo stringere un rapporto di fiducia e trasparenza, quanto l’energia di spiegare e spiegare ancora fino a che l’altro non abbia capito profondamente quanto gli stiamo dicendo, sia parte intrinseca del nostro lavoro. Come imprenditori, allora non ci si deve accontentare di un primo livello di spiegazione e non lo dovete accettare nemmeno dai vostri partner, anche quando questi sono assicuratori, come me. Chiedete, valutate, valutiamo insieme il principio di costi-benefici. È la strada da lastricare verso il futuro, nonostante la crisi. La strada da lastricare per lasciarcela alla spalle, questa feroce crisi.