Il capitale naturale nei bilanci
La proposta di RIO+20
Non è più una scelta, una filosofia, o un vezzo. Si tratta ormai di una strada obbligata, auspicata da tutti. Perché se c’è una certezza che è emersa al termine dei lavori del G20 a Rio (peraltro il vertice è stato molto criticato per la sua debolezza) è questa: con sette miliardi di persone oggi, e nove miliardi entro la metà del secolo, tutte interconnesse in un’economia globale altamente tecnologica e ad alta intensità energetica, il potenziale generale di distruggere i sistemi vitali del pianeta è senza precedenti.
Le stime sono implacabili: continuando per questa strada entro il 2050 avremo bisogno dell'equivalente di oltre due pianeti per sostentarci.
Un obiettivo, quindi, quello di virare verso l’ancora più verde <
Tra l’altro, stando ad un rapporto dell'Organizzazione internazionale del lavoro, il passaggio a un'economia verde potrebbe generare, a livello mondiale, dai 15 ai 60 milioni di posti di lavoro supplementari nei prossimi due decenni.
Bisogna però che gli stati approntino delle misure concrete per incentivare questo passaggio, evitando che queste sfide rimangano lettera morta. A Rio sono stati proposti alcuni cambiamenti concreti: dall’idea che tutte le grandi società private quotate in Borsa includano la sostenibilità nei loro resoconti annuali (oppure spieghino perché non lo fanno) all’inserimento per le imprese dei meccanismi della contabilità naturale nelle loro statistiche. Insomma anche il capitale naturale conta. Vediamo adesso però quale valore gli accorderanno.