Donne al comando? In Italia le aziende hanno più stabilità
Periodo ricco di soddisfazioni, almeno sulla carta stampata, per l’ altra metà del cielo.
Se in famiglia persino un algoritmo, elaborato da uno studio americano, riconosce il valore del lavoro prestato dalla casalinga (quasi sette mila euro al mese), ai piani alti delle aziende, nel cuore della macchina del potere, si applaude alla stabilità se nel cda siedono le donne.
A dirlo, questa volta, una ricerca Cribis D&B, che ha analizzato l’universo delle imprese italiane, con dati aggiornati all’ultimo trimestre 2013, quindi… a prova di crisi.
Come si è svolta questa analisi? Stabilendo come parametro di rischiosità commerciale la possibilità di non pagare i fornitori nei successivi 12 mesi, in scala macroscopica il censimento delle imprese tricolori ha genericamente ravvisato un 43% con basso livello di rischio, un 46% (la fetta più ampia) di medio rischio e l’11% ad alto rischio.
Ma qui c’è la sorpresa: perché se si inserisce come parametro differenziale quello in cui ci sono donne a sedere nel board, ecco che i dati cambiano. A vedere nello specifico infatti, se nel cda si rileva la presenza di donne e le quote rosa si assestano tra il 26 e il 50%, la bassa rischiosità coinvolge ben il 50% delle aziende considerate. Indice di “sanità” d’impresa che sale persino al 53% quando le donne sono la maggioranza (tra il 51 e il 75%).
Analizzando il campione considerato, emerge anche un altro aspetto interessante, perché le imprese sane, e “molto rosa”, sono rappresentante sia da attività giovani (iniziate dal 2011 e dopo) – un 21%-, ma anche da aziende con un’esperienza consolidata (nate tra il 2001 e il 2010) e persino storiche.
Un dato che colpisce anche di più se si considera che i settori dove le donne hanno più potere sono quelli del commercio al dettaglio (35%) e dei servizi (26%), in fondo i più colpiti dalla crisi.